Antico e Primitivo Rito di Memphis e Misraïm
       Sovrano Santuario Italiano



N.VII Luglio 2009

 

(Prima parte)Qabbalà e Scienza

 

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QABBALÀ E SCIENZA
(Prima parte)

Considerazioni di carattere generale

La Fisica ritiene che l’essere dell’Universo sia disciplinato da un ristretto numero di parametri, dei quali siamo in grado di conoscere il valore assoluto, ma del quale non siamo in grado di spiegare il perché.-
Questi parametri  sono le così dette “costanti” fisiche universali, ad esempio la costante gravitazionale (G) ci indica quanto fortemente i corpi si attraggano tra di loro, la costante di Planck (h) che determina il rapporto – costante – tra l’energia di un fotone e la sua frequenza ondulatoria (con l’intuizione di Planck la fisica cessa di essere statica e continua per diventare frequenza e quindi movimento, anche se tale proprietà si accerta solo a dimensioni infinitamente piccole), la costante di Hubble (H), che ci rivela quanto velocemente si espande l’Universo.-
Una particolare importanza assumono le costanti adimensionali, quelle costanti, cioè, che non dipendono dalle unità di misura impiegate ed essendo dei puri numeri si ritiene debbano avere lo stesso valore in qualsiasi punto dell'Universo.-
Tutti conoscono il “pi-greco”, cioè il rapporto tra una circonferenza e il suo diametro (pi-greco è un numero trascendente e vale, come è noto, 3,14... + infinite cifre decimali che chiaramente sono dedotte matematicamente e non come "misura" del rapporto effettivo di una concreta circonferenza e del suo diametro!).-
Altrettanto importante, anche se meno nota, è la cosiddetta costante di "struttura fine", denominata comunemente con la lettera greca "alfa". “Alfa" è una combinazione adimensionale di tre diverse costanti: la costante di Planck, la velocità della luce e la carica elettrica dell'elettrone) e vale 1/137 (con una leggerissima approssimazione).-
La costante di struttura fine regola la "forza" delle forze elettromagnetiche e quindi in pratica ci dice come sono fatti gli atomi, le molecole e quindi tutta la materia che ci circonda.-
Perchè tale costante vale 1/137? Nessuno lo sa, come nessuno sa perchè pi-greco è 3,14, eppure il valore di tali costanti è criticamente importante, nel senso che se esse fossero anche leggermente diverse, l'Universo sarebbe fortemente diverso da quello che conosciamo o forse non ci sarebbe nemmeno un Universo! Ma non basta, i valori di tali costanti (h,G, H, alfa, pi-greco...) sembrano essere stati in qualche modo "ben accordati" in modo tale da rendere possibili fenomeni particolarmente complessi. Ad esempio, prendendo in considerazione solo la costante di struttura fine "alfa", se essa fosse più grande non ci sarebbero atomi (perchè gli elettroni sarebbero 'risucchiati' dal nucleo, se viceversa fosse più piccola gli atomi sarebbero 'legati' troppo debolmente per sopravvivere a lungo, quindi niente evoluzione, niente vita!
Tutto questo ha di fatto sconcertato e preoccupato non poco i Fisici che sono notoriamente restii a riconoscere un qualsivoglia disegno, fine o creatore per l'Universo.-
Per fortuna esiste la Qabbalà. Uno dei grandi vantaggi della Qabbalà è quello di riuscire a mostrare la compatibilità tra la visione tradizionale religiosa dell’Universo e la comprensione che di esso ha la scienza. Nessun altro sistema di pensiero arriva a tanto. La Qabbalà, infatti, si occupa in profondità di numeri, di rapporti simmetrici e qualitativi tra quantità numeriche, in particolare indaga i risvolti e le implicazioni metafisiche della matematica, trovando nella Torà i loro corrispettivi.-
Nella scienza attuale si sta dando una grande importanza allo stuD-o della cosmogonia, così come, da sempre, uno dei più importanti ambiti di speculazione della Cabalà è il "maassè bereshit", cioè "l'opera della creazione", nel quale si trattano nei dettagli le varie fasi dei complessi processi tramite i quali l'universo e la vita sono venuti all'esistenza.-
In particolare, tra tutti i vari settori della scienza, quello che si sta avvicinando a passi sempre più rapidi alla conferma della verità di alcune affermazioni della mistica ebraica è la fisica delle particelle sub-atomiche ed è proprio ragionando in tale ambito che emerge con prepotenza il numero 137.-
Leon Lederman, premio Nobel per la fisica nel 1988 e direttore del Fermilab, il più grande acceleratore di particelle degli Stati Uniti, ha scritto “… in mero 137 è il determinatore della frazione che individua la "costante di struttura fine". La costante di struttura fine (costante alfa) corrisponde al quadrato della carica dell'elettrone, diviso per la velocità della luce e moltiplicato per la costante di Planck, in altre parole il numero 137 (inteso scientificamente come costante fisica), contiene l'essenza dell'elettromagnetismo, della relatività e della teoria dei quanti.-
Il numero 137 è un numero puro e, pertanto, qualsiasi unità di misura venga assunta per determinare la carica dell’elettrone o la velocità della luce ed il loro interagire ai fini della individuazione di un diverso valore della costante di Planck, si otterrebbe sempre il quoziente 137..-
Molti fisici si sono scervellati sul perché del valore “137”, compreso Werner Heisenberg,al quale dobbiamo il famoso "Principio d'indeterminazione", uno dei pilastri della fisica quantistica”.-
Questi fisici, se avessero una minima infarinatura di sapienza cabalistica, saprebbe che 137 è il valore numerico della ghematrìa della parola Qabbalà.-
La parola Qabbalà è costituita dalle consonanti Qof-Bet-Lamed-Hey, il cui valore numerico è, nell’ordine, 100, 2, 30 et 5).-
In termini più semplici da capire il valore “137” rappresenta il rapporto tra la velocità della luce e quella dell'elettrone in orbita intorno al nucleo dell'atomo d'idrogeno o, più esattamente, esso governa il legame che c'è tra la materia e la luce. Quest’ultima è il fenomeno che meglio rappresenta l'energia allo stato puro. Infatti il fotone, che è il vettore dell'energia elettromagnetica, di cui la luce è uno degli aspetti, possiede una massa eguale a zero, cioè è del tutto immateriale mentre l'elettrone è la più stabile e comune tra tutte le particelle leggere (leptoni) di cui è fatta la materia: abbiamo dunque due opposti, energia e materia, indissolubilmente legati tra loro dal valore 137, il valore, cioè, anche della parola Qabbalà, nella quale sono contenute le chiavi per avvicinare e comprendere i fenomeni più disparati, sia quelli del mondo sacro che quelli del mondo profano.-
Il numero 137 è anche un numero primo, cioè non è divisibile se non per se stesso oltre che per l'unità. Questa categoria di numeri, qabbalisticamente, rappresenta il principio della individualità e dell'unicità. Se lo riduciamo (procedimento proprio della ghematrìa), cioè se sommiamo tutte le sue cifre, otteniamo 11 (1 + 3 + 7). 11 è il numero che rappresenta la sefirà Da’at, l'undicesima, la più misteriosa. Eppure essa svolge un ruolo essenziale nell'Albero della Vita, in quanto le spetta il compito di unificare le tre Sefirot superiori: Keter, Chokhmà e Binà, come pure quello di unificare queste tre Sefirot con le sette inferiori.-
In termini umani, Da'at ha il compito di unificare tra di loro le varie modalità di pensiero di cui è capace la mente umana, sia nel loro aspetto intuitivo sia razionale. Inoltre, Da’at si incarica di legare tutto ciò col sentimento.-
Come si vede, si tratta di un ruolo estremamente delicato ed essenziale, essa costituisce l'ultima e più importante tappa del processo di rettificazione dell'umanità.-
Il numero 11 rappresenta anche il segno dell'Aquario, poiché esso è all'undicesimo posto nello Zodiaco e dato che ci troviamo nell'età dell'Aquario, ciò significa che abbiamo ora la grande opportunità di compiere la rettificazione, ritornando allo stato posseduto da Adamo ed Eva nel giardino dell'Eden.-
Se si riduce ulteriormente il numero 11, otteniamo 2 (1 + 1), il valore della Bet, la prima lettera della Torà, che rappresenta la dualità di fondo, da cui tutto ha avuto esistenza. La Qabbalà è l'unica via sicura ed efficace per scoprire come tale dualità non sia un abisso insormontabile, ma sia una polarità che può essere riconciliata. La Qabbalà ci insegna tutta una serie di tecniche e di conoscenze atte a scoprire e vivere la corrispondenza tra gli opposti, a trasformare la loro conflittualità in complementarità.-
Molto interessante è anche l’opinione di Walter Cassani, scienziato italiano, autore, tra l’altro, del libro "Einstein aveva ragione, D-o non gioca a dadi". Walter Cassani fa parte di un gruppo di fisici che osa porre in discussione il cosiddetto 'modello standard', che attualmente spiega la creazione come originata dal big bang. Egli, ad esempio, egli non crede nell'esistenza dei 'buchi neri' e dà una diversa interpretazione dello 'red shift', cioè dello spostamento verso il rosso delle righe spettrali della luce proveniente dalle stelle più lontane. A proposito della costante di struttura fine, Cassani sostiene che tale valore può variare tra 136 e 138, pur se mediamente rimane 137. A tal riguardo è interessante osservare che il numero 136 è la ghematrìa della parola "voce", kol (Qof - Vav - Lamed) e, com'è noto, la voce si propaga tramite delle onde e il numero 138 è la ghematrìa della parola "particella", chelek (Chet - Lamed - Qof), che significa, appunto, "pezzettino di materia" e, nell'ebraico moderno, individua le particelle nucleari: dunque da una parte abbiamo l'onda e dall'altra la particella: i due aspetti fondamentali della fisica quantistica, per cui ogni fenomeno può essere interpretato sia come un moto ondulatorio sia come un transito di particelle.-
E a mediare tra questi due aspetti, simboleggiati dal numero 136 e dal numero 138, c'è il numero 137, la Qabbalà, capace di riconciliare tutti i fenomeni della creazione!
Aspetti particolari
Le probabilità di un legame genetico fra l’uomo di Neanderthal e l’uomo moderno sono molto remote, questo vuol dire che con ogni probabilità l’uomo moderno non discende dai Neanderthal.-
Altrettanto incerta è la parentela con i primati superiori, come le scimmie, che hanno ventiquattro paia di cromosomi mentre gli esseri umani ne hanno ventitré. Se osserviamo più da vicino il cromosoma umano “2” notiamo che esso “corrisponde” ai cromosomi “12” et “13” dello scimpanzé, come se questi ultimi due, in un momento imprecisato del passato, si fossero fusi in un solo e più grande segmento di DNA.-
La ricerca scientifica, però, ha dimostrato la significativa improbabilità che dei processi naturali o che incroci avvenuti in tempi remoti abbiano potuto creare una mescolanza genetica di questo genere, anzi studi comparati della fisiologia umana con quella dei primati hanno concluso che l’Homo sapiens appartiene ad una specie unica e distinta: l’Homo sapiens non appartiene ad una limpida progressione lineare che lo vede discendere da forme primitive di primati antropomorfi, ma si è sviluppato “a fianco” dei primati primitivi attraverso una sorta di evoluzione parallela. Giova, a tal proposito, ricordare gli ormai innumerevoli ritrovamenti di scheletri umani coevi o, addirittura, antecedenti rispetto a quelli dei primati dai quali l’uomo avrebbe dovuto invece discendere, tra l’altro non manca che sostiene esattamente il contrario e cioè che ci sia stata una sorta di involuzione per cui sarebbero le scimmie a derivare dagli uomini e non viceversa.-
Certo, se accreditiamo la tesi per cui uomini e primati sono da considerare coevi, dobbiamo necessariamente cercare altre risposte alle domande sull’origine dell’uomo. Le teorie fin qui formulate e tutte riconducibili, in buona sostanza, al creazionismo ed all’evoluzionismo, non sono state in grado di produrre certezze assolute. Esistono anche delle teorie intermedie, si parla di creazionismo combinato con l’evoluzione per effetto di un qualche “elemento agente” aggiunto alla materia e capace di modificarla, nessuno, però, riesce a dare conto di tale elemento.-
Gli stessi scopritori del DNA ebbero a dire che se tutti i necessari fattori si collocassero al posto giusto affinchè la vita si origini autonomamente e casualmente, ci troveremmo in presenza di un miracolo.-
Uno dei più importanti e misteriosi documenti biblici recuperati negli ultimi due secoli è il “Libro di Enoch”. Il “Libro di Enoch” inizia con il racconto del profeta mentre detta a suo figlio Matusalemme la storia segreta della razza umana, come gli fu rivelata da un Angelo del Signore. In particolare Enoch descrive il modo in cui alcuni angeli avevano divulgato all’umanità i segreti della creazione prima che la nostra specie avesse acquisito la saggezza necessaria per disporne con la dovuta cautela. Gli viene infatti mostrato come, senza la conseguita necessaria maturità per usare della conoscenza in modo responsabile, l’umanità faceva cattivo uso della conoscenza stessa, addirittura Enoch indica per nome gli angeli che avevano tanto interessatamente quanto improvvidamente rivelato agli uomini, le cui donne intendevano concupire, i segreti della conoscenza e avevano indotto “i figli degli uomini” nel peccato.-
Altro testo di importanza straordinaria, anche per la dovizia di particolari con cui descrive gli eventi che hanno determinato la nascita del cosmo e la creazione dell’uomo, è il “Sèfer Yetziràh”, il Libro della Creazione.-

Il contenuto stupisce per la modernità, il rigore e il gusto quasi scientifico con cui gli argomenti sono trattati.-
La tradizione rabbinica lo attribuisce ad Abramo, il primo Patriarca. Ciò non deve far pensare che il testo attualmente disponibile sia stato scritto proprio da Abramo, ma piuttosto che il suo contenuto essenziale, insieme all’ordine delle corrispondenze ivi suggerito, siano frutto di una rivelazione che Abramo fu il primo a ricevere.-
La sapienza e la novità della rivelazione ricevuta da Abramo non furono solamente quelle dell’aver dato inizio ad una nuova religione, che si sarebbe aggiunta alle tante già esistenti, ma dell’aver fornito gli strumenti necessari a riconoscere la presenza di D-o in tutta la creazione.-
Nel "Libro della Formazione", Abramo ci offre la quintessenza del sistema di corrispondenze della Qabbalà, dandoci le chiavi necessarie a riordinare e ad unificare i vari pezzi di quel mosaico vasto e complesso che è la realtà umana e naturale.-
Il "Libro della Formazione" è un concentrato di formule il cui scopo è di svelare il parallelismo dei fenomeni spazio-temporali nella natura fisica ed umana e a mostrare le loro radici nei mondi della pura coscienza divina: in questo modo il "Sefer Yetzirà" esemplifica la complessità disorganizzata della realtà, "riordinandola" in un insieme armonico, semplice e simmetrico.-
L’intelaiatura principale di quest’insieme è costituita da Trentadue unità fondamentali, dette i " Trentadue sentieri della sapienza". Essi sono gli elementi essenziali di cui è composta la realtà, sia nelle sue espressioni fisiche che in quelle metafisiche.
Trentadue è il valore numerico della parola “lev”, cioè “cuore”. Oltre ad affermare che la Torà è il cuore stesso della creazione, ciò suggerisce che i Trentadue Sentieri sono il "cuore" della realtà, cioè la sua parte più intima nella quale è contenuta la chiave per comprendere tutto il resto. Ciò giustifica la pretesa del "Libro della Formazione" di voler ridurre l’indiscutibile complessità della realtà sensibile ad appena trentadue elementi fondamentali, affermazione che potrebbe insospettire il lato critico e scientifico di ciascuno di noi. D’altra parte, la metodologia di esemplificare la realtà oggettiva in un numero il più ridotto possibile di elementi-primi è basilare nella stessa osservazione scientifica. Se ne vede un esempio nella chimica, in cui tutta la varietà della materia viene ridotta a poco più di centinaio di elementi, attraverso la cui permutazione e combinazione si arriva poi alla complessità delle strutture molecolari e cellulari.-
Anticipando di duemila anni questa metodologia, il "Sefer Yetzirà" suggerisce che lo stuD-o dei "Trentadue Sentieri della Sapienza" è la via per spiegare la misteriosa varietà del mondo e per riconoscere in ciò il filo unificatore della sapienza divina.-
Inoltre, rispetto alla limitatezza del pensiero scientifico, incapace di uscire dal campo del "sensibile" e del "razionale", il "Libro della Formazione" offre una serie di chiavi di corrispondenza che permette di comprendere ben più della descrizione del piano fisico della creazione - chiamato nel testo Olam("mondo"). Infatti, esso ci guida alla comprensione di come il mondo fisico non sia altro che l’ultima espressione di un sistema ben più complesso ed articolato, che include i fenomeni del tempo - chiamati nel testo col termine Shanà (anno) - come pure i fenomeni psichici, emotivi, intellettuali e spirituali dell’essere umano - chiamati nel testo Nefesh(anima).-
Il Sefer Yetzirà afferma che le radici più elevate dei Trentadue Sentieri, all’interno dello stesso pensiero di D-o, sono le Dieci Sefirot e le Ventidue lettere dell’Alfabeto ebraico, il linguaggio essenziale con cui si esprime la Mente divina.-
La Bibbia, nel versetto del Qoèlet 7,14 " ze leumat ze assà ha Elohim " cioè " questo parallelo a quello fece D-o ", aveva anticipato la scoperta della fondamentale polarità simmetrica che è alla radice di tutti i fenomeni fisici e psichici.-
Come è noto, lo spazio possiede tre dimensioni e il tempo una. La "quinta" dimensione, purtroppo non ancora ufficialmente accettata dalla scienza, è quella della consapevolezza dell’essere vivente, colui che si trova al centro delle altre quattro coordinate tra loro.

Il "Libro della Formazione" ci descrive in modo coerente e sintetico il processo creativo operato dalla sapienza divina nel suo dar vita ai mondi facendoci percepire la rete organizzatrice che li tiene insieme.

I Trentadue sentieri sono costituiti dalle dieci Sefirot e dalle ventidue lettere dell’alfabeto ebraico. I primi grandi cabalisti avevano interpretato le "Sefirot" come le fasi del processo di emanazione con cui D-o ha manifestato i vari piani dell’esistenza, dai più sottili e superiori sino a quelli più grossolani e materiali.
Le "Sefirot" corrispondono alle dieci frasi pronunciate da D-o nella storia del Bereshit, le dieci volte in cui "D-O DISSE" ... e fu fatto: attenzione, questo vuol dire che qualcuno dice e qualcuno fa.-
A questa spiegazione si è in seguito aggiunta quella che vede nelle Sefirot le "livelli di consapevolezza" presenti in ciascuno di noi, ancorchè in modo inconsapevole e solo potenziale, cioè non ancora realizzato.-
Le ventidue lettere dell’Alef-Bet ebraico nel Libro della Formazione sono chiamate “evanim”, cioè ”pietre" o “mattoni” che D-o ha usato per costruire la "casa", cioè la creazione.
Ogni lettera, lungi dall’essere una semplice convenzione umana sul come rappresentare un elemento fonetico del linguaggio, è in realtà uno degli agenti essenziali del processo creativo. Tramite la combinazione e la permuta delle varie lettere, cioè dei vari agenti, la Sapienza divina ha dato esistenza alla molteplicità delle forme viventi e inanimate.
Quando Adamo "chiamò i nomi" di ogni essere presente nel Giardino dell’Eden, in realtà egli stava riconoscendo e leggendo la formula presente alla radice di ciascuno di essi. Ciò gli era possibile grazie alla "vista" spirituale di cui era dotato e che perse  dopo la "caduta".
Lo stuD-o del "Libro della Formazione" ha come scopo il ricupero parziale di quella chiaroveggenza e della possibilità di chiamare ogni essere col suo vero "nome".
Il testo del "Sefer Yetzirà" è estremamente conciso e concentra in poche parole tantissime informazioni, fa quasi pensare all’indice di un libro, più che al libro stesso ed a tal proposito una tradizione afferma che ciò che possediamo oggi sia quanto è rimasto di un testo molto più completo, che avrebbe contenuto quattrocento capitoli.-
La sua concisione rende necessario fornire ampie spiegazioni per ogni parola del testo originale.

Il primo capitolo esordisce affermando che il mondo è il prodotto di tre componenti, che il testo nomina: “sèfer”, “sephar” e “sippur” e poi continua precisando che “con questi elementi D-o creò il Suo Universo”.-
Benchè i tre termini siano originati dalla medesima radice “schin”, “pe” e “resch”, hanno un significato proprio diverso, ancorchè logicamente collegato. Ed infatti la parola “sefer”, che letteralmente significa “libro”, ma anche conoscenza in generale, acquista nel testo proprio questo significato; la parola “sephar”, che usualmente acquista il significato di “lettera” intesa come elemento componente della parola, nel testo viene usata nel senso di “elemento” ed infine la parola “seppur”, generalmente usata per rendere il concetto di discorso, quindi combinazione organizzata di parola, nel testo deve essere interpretata come “combinazione organica di elementi base”.- 
Il significato delle tre parole a questo punto è chiaro:
D-o ha creato il Suo Universo combinando gli elementi secondo le formule note alla Sua sapienza.-

Il libro prosegue con la descrizione della creazione con crescenti livelli di accuratezza, dalla formazione dei primi elementi dell’universo, rappresentati con le lettere dell’alfabeto ebraico, fino al mondo in cui le restanti lettere formarono “tutto ciò che sia mai stato formato”, l’universo si materializza davanti ai nostri occhi come una precisa combinazione di queste lettere-elementi. Con un livello di dettaglio introvabile nelle altre storie della creazione, il Sefer Yetzirah offre precise istruzioni su come le lettere dell’alfabeto ebraico interagiscano l’una con l’altra per comporre la materia di cui è fatto il mondo.-
Le combinazioni possibili sono 231  e il Sefer Yetzirah le considera veri e propri accessi alla conoscenza.-
Esaminando più attentamente il testo ci si accorge che esso offre molto di più di una storia di simboli e metafore. Le scoperte che collegano le lettere dell’alfabeto ebraico con gli elementi chimici indicano che il Sefer Yetzirah è un vero e proprio resoconto dell’atto intenzionale del creare.-
Il processo, delineato passo per passo, si allinea con le scoperte scientifiche del XX secolo.-
Ogni religione, pur nel variare di una tradizione dall’altra, descrive la creazione dell’universo come un atto volontario e intenzionale di D-o.-
Fino all’avvento della biologia molecolare nel corso del XX secolo l’idea che l’essere umano fosse composto dai più semplici elementi reperibili in natura (dalla polvere della terra) era assolutamente dominante ed era corroborata dai più consolidati principi ed insegnamenti alchemici.-
La leggenda narra che proprio ad Adamo gli angeli comunicarono i segreti alchemici del Cielo e della Terra, segreti sofisticati, non per nulla, in Egitto, ne era depositario e custode l’alchimista Thoth, l’Ermete Trismegisto della civiltà greca.-
Non è difficile avvicinare l’antica arte alchemica con la pratica della chimica moderna, che modifica, altera o combina gli elementi naturali per produrne degli altri, non è altrettanti facile stabile una gerarchia tra le due, non manca, infatti, chi ritiene che il patrimonio della conoscenza alchemica sia andato in larga parte perduto e la chimica moderna sia ben lontana dalle possibilità che offriva l’arte dell’alchimista.-
Lo stesso discorso vale anche per l’altra scienza altrettanto antica, l’osservazione del cielo e degli astri che vi si trovano.-
Alchimia e astrofisica, fin quasi ai nostri giorni, si sono fondate sulla certezza di ciò che è visibile e, magari, tangibile, ora che iniziamo ad esplorare i campi invisibili della fisica quantistica forse stiamo ritornando ai livelli di comprensione che erano nella disponibilità quotidiana dei nostri progenitori e che sono per noi oggi di così difficile comprensione.-
Oggi la scienza sta cominciando a cercare le connessioni fra gli elementi, visibili e invisibili, che hanno dato corpo all’universo e a valutare il senso profondo dei rapporti che legano tra loro tali elementi.-
In generale l’alchimia considera il mondo costituito da tre elementi fondamentali: il Fuoco, l’Acqua e l’Aria, considerati, nell’ordine, elemento positivo, negativo e neutro, così come la fisica moderna assegna i medesimi ruoli, sempre nell’ordine, al protone, all’elettrone ed al neutrone.-
L’elemento Terra farà la sua comparsa nel panorama alchemico solo successivamente ed anzi gli alchimisti ritenevano che la comprensione di come si fosse originato il quarto elemento rappresentasse la chiave per capire la creazione, la vita e la immortalità.-
Volendo dare per scontato che i nostri progenitori abbiano voluto tramandarci un insegnamento, è lecito chiedersi di quale natura questo insegnamento sia. I nostri predecessori intrigati di alchimia dicevano semplicemente che il calore, i liquidi, l’aria e i minerali sono gli elementi che formano il corpo umano e tutto ciò che vediamo intorno a noi oppure sottintendevano qualcosa di molto più pregnante? Se consideriamo le differenze di linguaggio tra la saggezza antica ed il moderno sapere appare evidente che le chiavi di accesso alle nostre maggiori intuizioni potrebbero avere una forma che dobbiamo ancora imparare a riconoscere.-
E’ con questo atteggiamento mentale che dobbiamo avvicinarci al Sefer Yetzirah, il cui testo è tutto infarcito da riferimenti di tipo alchemico. I suoi versetti descrivono le interazioni originarie intervenute tra gli elementi di Acqua, Aria e Fuoco, rappresentandole con le lettere dell’alfabeto ebraico. E non poteva che essere così, visto che quello era l’alfabeto nella disponibilità dell’Autore.-
La narrazione del Sefer Yetzirah inizia con la descrizione di dieci mondi, detti Sefirot, che definiscono i rapporti intercorrenti fra le forze della creazione. Sorprendentemente anche le più recenti teorie della creazione affermano che il nostro universo è formato da almeno dieci domini di energia, cioè dieci dimensioni ed in effetti questi mondi sottili sono indispensabili per capire la fisica moderna, cioè la fisica dei quanti.-
Il secondo capitolo del Sefer Yetzirah stabilisce un primo e chiaro collegamento tra la colorazione mistica del testo e la realtà fisica tangibile. Questo collegamento è nelle tre consonanti, definite “fondamentali”, Alef, Mem e Shin, che il libro, senza possibilità di dubbio o di diversa interpretazione, collega al mistero della creazione.
Le tre consonanti vengono associate agli elementi alchemici primordiali:  Acqua, Aria e Fuoco, poi, nel proseguire della frase, una potente affermazione chiarisce la loro relazione con l’universo:
“Le tre fondamentali, Alef, Mem e Shin, sono un grande, nascosto mistico ed esaltato segreto, dal quale emanano Fuoco, Aria ed Acqua, da cui tutto è stato creato”
E’ evidente che “grande” è un aggettivo privo di significato se riferito alle lettere in quanto tali, quindi esso è riferito a quanto esse simbolicamente rappresentano, cioè l’elemento che con esse si vuole indicare in modo semplice per il lettore del tempo;
“nascosto”, il termine ha una doppia valenza: conoscibilità non apparente e/o conoscienza riservata a pochi iniziati e poi, nascosto è qualcosa che “esiste”, ma non tutti vedono;
“mistico”, perché trascende il livello fisico ed è proprio di un mondo diverso da questa fisicità, forse più sottile, collocato in una diversa dimensione, che cominciamo solo ora ad intuire, prima e a conoscere, poi. In effetti la fenomenologia dei quanti non è ancora del tutto nota, basti pensare alla teoria della indeterminazione particellare di Heisenberg o al bosone di Higgs: energia senza massa;
“esaltato”, perché la conoscenza della sua potenza ne fa un qualcosa che l’umanità non può che ammirare estatica nella speranza di poterne un giorno disporre; 
“segreto”, concetto correlato con quello di “nascosto”, proprio di una conoscenza tanto “riservata” quanto “potente”, anzi riservata proprio perché potente.-
Il racconto biblico, ma anche il mito antico degli angeli (o simili) che confidarono taluni segreti agli uomini per poterne concupire le donne (ma pensiamo anche al mito di Prometeo che svelò agli uomini il segreto del fuoco, mito familiare a quello dei Giganti e qui il discorso porta lontano).-
L’inciso “dal quale emanano” è chiaramente riferito al “segreto”, non alle tre consonanti fondamentali, che “sono” prima del segreto: il segreto le combina, le plasma e fa loro assumere la forma con cui le conosciamo nella nostra realtà fisica.-
E’ questo il concetto di mondi diversi, di stadi della creazione attraverso dimensioni diverse;
“da cui tutto è stato creato”, la creazione viene intesa come il prodotto modificato di qualcosa già esistente, qualcosa prima concepito nel “mondo delle idee”, il “disegno intelligente”, poi realizzato nel mondo fisico, utilizzando i noti elementi.-
Sefer Yetzirah significa “Libro della formazione”, non “Libro della creazione”. Teniamolo sempre ben presente.-
Il testo prosegue con una chiarezza che non lascia dubbi, concentrandosi sulla relazione esistente fra le consonanti fondamentali e gli elementi:
“Tre Madri, Alef, Mem e Schin, nell’universo sono Aria, Acqua e Fuoco”
E’ chiaramente una precisazione interpretativa: ciò che era nella prima creazione, cioè nella realtà fisica che era prima di questa o in una dimensione diversa da questa, cioè prima del Big Bang (perché prima di questo qualcosa doveva pur esistere) non è reso disponibile alla conoscenza dell’uomo (almeno per il momento), possiamo solo sapere, con ricevuta certezza, che Alef, Mem e Schin sono Aria, Acqua e Fuoco. Non si può non considerare che questa rivelazione è stata fatta perché chi l’ha fatta ha ritenuto che questa conoscenza fosse fondamentale e prodromica rispetto ad altre, diverse conoscenze.-
Nel prosieguo del racconto ci vien fatto comprendere che Alef, Mem e Schin sono ben più che semplici simboli riferiti agli elementi naturali. I versetti che si susseguono ci svelano che la conoscenza del potere racchiuso in ogni lettera costituisce la chiave per comprendere le forze universali:
“Egli ha messo Alef a capo dell’Aria,
“Egli ha messo Mem a capo dell’Acqua,
“Egli ha messo Schin a capo del Fuoco
Egli ha messo, cioè la forza creatrice (quale che sia) ha creato o forse, a questo punto, è meglio dire “ha prodotto” l’Aria utilizzando principalmente (a capo) l’elemento alchemico identificato con l’Alef, che tra un po’ scopriremo quale sia, agendo nello stesso modo per l’Acqua, utilizzando Mem e per il Fuoco, utilizzando Schin.-
Pur in assenza di un linguaggio scientifico (ma poteva essere diversamente per insegnamenti che, almeno inizialmente, dovevano essere tramandati oralmente), sembrerebbe che gli antichi autori intendessero tramandare saperi ereditati da una fonte ancora più antica e tuttora non identificata: con il lessico che era loro proprio hanno descritto niente meno che la costruzione dell’universo.-
E’ arrivato il momento di cercare il collegamento tra queste lettere primordiali con la scienza moderna.-
La scienza moderna, ma in pratica tutti noi identifichiamo l’aria con l’elemento che respiriamo e che, generalmente, facciamo corrispondere all’ossigeno. Certo l’ossigeno fa parte di ciò che respiriamo, ma questo qualcosa, in verità, è costituito per la massima parte (78%) da azoto. Probabilmente nel messaggio che qualcuno ci ha voluto lasciare il riferimento all’aria era esattamente riferito all’azoto. Lo stesso ragionamento vale per acqua e fuoco.-
Se così è, è bene sapere che l’acqua pura è costituita per l’88,89% da ossigeno, mentre il fuoco, che tradizionalmente si identifica con il sole, rappresenterebbe l’idrogeno, che nel sole è presente al 71%.-
La terra è composta da un numero limitato di elementi: silicio, ossigeno, idrogeno e alluminio ne costituiscono più del 90% ed è singolare che questi elementi costituiscano anche il 99% dell’organismo umano: siamo dunque veramente fatti di terra o, meglio, con la terra, così come insegna il testo biblico?
Stabilito, molto sinteticamente, un primo, ma importante, collegamento tra la tradizione mistica e la scienza moderna e cioè che
- aria sta per azoto,
- acqua sta per ossigeno,
- fuoco sta per idrogeno,
possiamo ora provare a trovare un collegamento tra la Qabbalà e la scienza moderna.-

 

Nella prima Parte di questo lavoro abbiamo, tra l’altro, ricordato che la narrazione del Sefer Yetzirah inizia con la descrizione di dieci mondi, detti Sefirot, che definiscono i rapporti intercorrenti fra le forze della creazione, così come le più recenti teorie della creazione affermano che il nostro universo è formato da almeno dieci domini di energia, cioè dieci dimensioni ed in effetti questi mondi sottili sono indispensabili per capire la fisica moderna, cioè la fisica dei quanti.-
Il secondo capitolo del Sefer Yetzirah stabilisce un primo e chiaro collegamento tra la colorazione mistica del testo e la realtà fisica tangibile. Questo collegamento è nelle tre consonanti, definite “fondamentali”, Alef, Mem e Shin, che il libro, senza possibilità di dubbio o di diversa interpretazione, collega al mistero della creazione.-
Le tre consonanti vengono, nello stesso testo, associate agli elementi alchemici primordiali: Acqua, Aria e Fuoco.-
Desidero aggiungere, per maggior chiarezza e semplificazione, che le tre lettere madri sono e sono proprio Alef, Mem e Shin non per caso, ma per una ragione tanto pratica quanto semplice (ricordiamo sempre che in principio il libro era letto anche da menti semplici):
-Alef , uno dei significati simbolici, anzi il più importante e conosciuto significato simbolico della lettera Alef è “soffio”, cioè “aria”;
Mem è la consonante iniziale della parola “maim”, che in ebraico vuol dire “acqua”;
Shin è l’unica consonante della parola “esh”, che in ebraico vuol dire “fuoco”.-
Verso la fine del XX secolo la composizione di qualsiasi cosa possa esistere nel mondo fisico è stata ridotta approssimativamente a 118 elementi, ognuno classificato secondo tratti che lo contraddistinguono da tutti gli altri.-
Tra le molte caratteristiche utilizzabili per descrivere un elemento c’è n’è una che consente di individuare una relazione tra gli elementi che danno origine alla vita e la valenza numerica dell’alfabeto ebraico, questa caratteristica è la “massa atomica”, cioè il rapporto tra la massa di un atomo di un qualsiasi elemento ed un dodicesimo della massa del “carbonio 12”.-
Abbiamo già detto che Fuoco, Aria ed Acqua in realtà rappresentano simbolicamente gli elementi chimici che ne rendono possibile l’esistenza e, cioè, idrogeno, azoto e ossigeno.-
Prima di proseguire nel discorso è opportuno ricordare che i principi codificati della ghematrìa prevedono:
-l’assunzione dei soli numeri interi (senza quelli dopo la eventuale virgola) e
-la riduzione dei numeri costituiti da due o più cifre ad un numero di una sola (per esempio 123 = 6, cioè 1+2+3 = 6).-
Osserviamo ora che:
# il valore della massa atomica dell’idrogeno è 1,007, cioè 1;
# il valore della massa atomica dell’azoto è 14,00, cioè 5 (1+4=5);
# il valore della massa atomica dell’ossigeno è 15,99, cioè 6 (1+5=6).-
Abbiamo già ricordato che il Sefer Yetzirà afferma che tre delle ventidue lettere dell’alfabeto hanno una valenza superiore alle altre, tant’è vero che esse costituiscono il nome impronunciabile:
“Egli scelse tre lettere tra le elementari E le dispose nel Suo glorioso nome”
A questo punto, considerato che le tre lettere fondamentali sono alef, mem e shin e che le tre lettere che costituiscono il nome ineffabile sono yod, hei e vav, evidentemente deve esserci un processo per cui alef, mem e shin diventano yod, hei e vav.-
Il processo che consente l’evoluzione di alef, mem e shin in yod, hei e vav è considerato talmente sacro nelle antiche tradizioni che il Sefer Yetzirà dedica un’intera sezione alla descrizione del “segreto” che quel nesso rappresenta:
“Tre Madri: Alef, Mem e Shin,
un grande mistico segreto coperto e sigillato da sei anelli.
E da loro emanarono aria, acqua e fuoco
E da loro nacquero i Padri
E dai Padri, i discendenti”

Dico subito che i Cabbalisti affermano che le tre lettere del nome impronunciabile (Yod, Hei, Vav) sono derivate e corrispondono alle tre lettere madri (Alef, Mem, Shin). L’affermazione è ampiamente motivata, ma proprio la sua ampiezza non ci consente di parlarne in questa occasione: prendiamo l’affermazione per quella che è.-
La Cabbalà distingue tra la creazione del nostro Universo (dell’Ordine) e un Universo esistito prema del nostro (del Caos). I fisici stanno ancora dibattendo se sia esistito qualcosa prima del Big Bang, I Cabbalisti considerano l’esistenza di un altro universo prima del nostro un dato acquisito, anzi tale convincimento costituisce un presupposto per comprendere gli altri insegnamenti della Cabbalà.-
La Cabbalà indica questo universo anteriore come “tempo prima del tempo e dell’ordine” o “Tohu”. Nel caos primordiale c’erano già le lettere (gli elementi) Alef, Mem, Shin, ma non riuscivano ad interagire tra di loro, ad esempio per problemi di calore, di pressione, di velocità etc. etc..
Cabbalisticamente tale condizione primordiale viene così spiegata: gli elementi o “vasi” (il concetto di “vaso” è ricorrente nello studio della Cabbalà, per questo dirò qualcosa nel comma che segue), elementi o “vasi” che esistevano prima delle dieci “Sefirot”, che però non erano in grado, come abbiamo detto, di interagire tra di loro: non potevano sperimentare l’essenza stessa della vita, non potevano né dare né ricevere e, quindi, non erano possibili “combinazioni” di sorta tra di loro, non erano capaci di trattenere la “luce emanata da D-o”, cioè l’energia latente che , per dare origine alla vita, dovrà essere utilizzata in modo tale da far “dialogare” gli elementi tra di loro.-
I Vasi (vessels, non dimentichiamo che grande veicolo della mistica ebraica è stata la tradizione aschenazita, la cui terminologia Yiddish è strettamente imparentata con il tedesco) hanno si il significato di contenitori, ma contenitori d’elezione, crogiuoli deputati a combinazioni alchemiche sofisticate. Le “Sefirot” per i cabalisti hanno una doppia natura, una doppia funzione: quella immanente, immutabile, di sede del Divino potere, della Luce, dell’energia potenziale o latente e quella dinamica di “ambiente” e “strumento” in cui ogni combinazione e ogni trasformazione può avvenire, senza limiti e senza necessità di qualsiasi altro agente o coadiuvante.-
Proprio la iniziale inidoneità dei vasi primordiali a ricevere e convogliare l’energia, la incommensurabile energia inizialmente disponibile, ha determinato quella che i testi denominano “rottura dei vasi”, che non vuol dire altro se non distruzione nucleare, esattamente come succede oggi nelle centrali quando, per un motivo qualsiasi, si perde il controllo del procedimento di produzione dell’energia atomica. E quando si dice che i frammenti di questa rotture (serie di scissioni ed esplosioni) caddero nei “regni inferiori” dove venivano ricostituiti come “vasi”, questa volta capaci di ricevere e di dare, altro non vuol dire che l’intensità dell’energia è via via diminuita fino a divenire “disponibile” per le combinazioni necessarie al principio ed allo sviluppo dell “vita”.-
Niente di diverso di quello che succede ancor oggi quando nel nostro Sole si verificano esplosioni nucleari particolarmente potenti e noi riceviamo sulla Terra enormi campi elettro-magnetici e partecipiamo come spettatori a quei fenomeni generalmente conosciuti come “aurore boreali”.-
Dopo questa breve digressione esplicativa, torniamo alla questione iniziale e, cioè, capire se tra le tre lettere del nome impronunciabile (Yod, Hei, Vav) e le tre lettere madri (Alef, Mem, Shin) c’è veramente un nesso e, se sì, quale esattamente esso sia.-
Ebbene ciò che il Sefer Yetzirà vuole dire è che Yod, Hei e Vav sono la “rettificazione”, sono le “figlie” di Alef, Mem e Shin, che, proprio per questo, sono chiamate “lettere madri”. Le tre lettere originarie e le tre lettere derivate individuano la medesima “forza”, manifestata in “regni”, cioè “dimensioni” diverse.-
Cercando di semplificare e tenendo sempre presente che nel Sefer Yetzirà le lettere corrispondono agli elementi e che, a loro volta, le lettere corrispondono a dei numeri, ricordando quanto abbiamo già chiarito nella prima parte di questo lavoro, possiamo dire che:
-il fuoco equivale all’idrogeno, il cui valore atomico è 1 e 1 è anche il valore che la ghematria attribuisce alla lettera Yod;
-l’aria equivale all’azoto, il cui valore atomico è 5 e 5 è anche il valore che la ghematria attribuisce alla lettera Hei;
-l’acqua equivale all’ossigeno, il cui valore è 6 e 6 è anche il valore che la ghematria attribuisce alla lettera Vav.-
Abbiamo già accennato alla importanza del quarto elemento essenziale per l’esistenza della vita: la terra, che abbiamo visto corrispondere al carbonio. Si tratta ora di capire se esista un nesso tra le tre lettere Yod, Hei e Vav, corrispondenti alle lettre madri Alef, Mem e Shin e questo quarto elemento.-
Gli alchimisti hanno sempre considerato in modo diretto i tre elementi Aria, Acqua e Fuoco mentre hanno sempre considerato in modo correlato il quarto elemento, cioè la Terra. Nella tradizione alchemica c’è sempre stata inaccessibilità rispetto all’origine di questo elemento, non però per i Cabbalisti, che hanno sempre considerato rivelatore questo passo del Sefer Yetzirà:
“da questi tre (Aria, Fuoco e Acqua) Egli fondò la Sua casa”
Con sconcertante semplicità ci viene detto che con i primi tre elementi, da soli o combinati tra loro, tutto è stato “formato”: le cose fisiche inanimate e gli esseri viventi.-
In altre parole D-o, al momento della creazione, aveva a disposizione solo idrogeno, azoto e ossigeno e da questi ha formato il quarto elemento. Questa affermazione è sicuramente più comprensibile resa così: dopo il Big Bang c’erano disponibili idrogeno, azoto e ossigeno che, combinandosi tra loro, hanno dato origine a tutto l’universo.-
Si impone una chiosa: la tradizione mistica, cioè l’interpretazione letterale del testo, assegna a D-o un ruolo molto riduttivo, infatti il Creatore di tutte le cose così come ha creato tre elementi poteva anche crearne quattro, cinque, sei etc. etc.
Se, dunque, il quarto elemento è la risultante della combinazione degli altri tre, proviamo a sperimentare questa combinazione. I valori atomici di idrogeno, azoto e ossigeno sono, rispettivamente 1, 5 et 6, la loro combinazione semplice (la loro somma) esita 12, valore che ridotto ad una sola cifra, come la ghematria impone, diventa 3 (1+2=3).-
Tenendo conto che dei 118 elementi di cui si conosce l’esistenza c’è ne sono quattro che, da soli, costituiscono più del 99% del corpo umano. Questi quattro elementi sono l’idrogeno, l’azoto, l’ossigeno ed il carbonio e, posto che dei primi tre ci siamo già occupati, proviamo a scoprire le caratteristiche del quarto, cioè del carbonio.-
Poiché per gli altri elementi abbiamo preso in considerazione la massa atomica (che in questa indagine mi sembra il criterio di ricerca più appropriato), mi sembra corretto procedere con lo stesso criterio e cercare il numero atomico del carbonio, che, peraltro, come tutti sanno è 12, valore che ridotto ad una sola cifra, come la ghematria richiede, diventa 3 (1+2=3).-
Giova sottolineare che di tutti i 118 elementi, il carbonio è l’unico la cui valenza in ghematria, cioè 3, corrisponda esattamente alla valenza in ghematria delle tre lettere che costituiscono il nome impronunciabile: Y, H, V (1+5+6=12 e 1+2=3).-
Appare, ora, molto più chiaro che gli antichi alchimisti, quando hanno individuato in aria, acqua, fuoco e terra gli elementi fondamentali della vita non hanno fatto altro che indicarci gli elementi chimici che danno origine all’esistenza, informazione a loro nota già da qualche migliaio di anni (se non più), noi ci siamo arrivati nel secolo scorso.-
E’ chiaro che quanto stiamo considerando in queste pagine è pur sempre frutto di interpretazione, voglio, però, sottolineare che è stata calcolata la possibilità che la coincidenza delle lettere ebraiche con gli elementi fondamentali sia casuale e il risultato è stato che tale possibilità è pari a ! su 234.256. Nessun commento.-

 

ANTICO E PRIMITIVO RITO DI MEMPHIS E MISRAΪM
SOVRANO SANTUARIO ITALIANO
MASSONERIA UNIVERSALE – Grande Oriente d’Italia
Camera di IV grado dei Maestri Discreti Capitolo Ra Arakhti n° 23 della Valle del Brenta

La regione eterica del Regno Fisico nella
mistica rosicruciana: il quinto elemento

di
F. M., 4∴
Zenit di Abano Terme, 23 giugno 2009 E∴ V∴
La seguente tavola non costituisce fonte ufficiale per la diffusione e la trattazione di tematiche particolari da parte del A∴P∴R∴M∴M∴
ma è frutto del pensiero dell’Autore.

Nelle due precedenti tornate si è approfondito, dal punto di vista cabalistico, il mondo fisico nella sua regione chimica. Si è parlato dei tre più uno elementi costitutivi di questa regione (idrogeno, azoto, ossigeno e carbonio), ben rappresentati dai quattro elementi alchemici.
È di facile intuizione tuttavia un quinto elemento, non visibile, ma che permea tutto il mondo fisico tanto da darne continuità sia dal punto di vista della materia che dell’energia. Questo elemento, nella mistica rosicruciana, è chiamato “fluido eterico” e costituisce la regione appena superiore al mondo chimico, nel regno fisico.
Si rende necessaria una premessa: con la parola “etere” non si intende la famiglia di composti organici in cui due radicali, alchilici od arilici, sono legati tra di loro per mezzo di un atomo di ossigeno (formula bruta: R – O – R’). L’etere che consideriamo in questa sede è un “fluido” con caratteristiche ben precise da un punto di vista esoterico – occultistico ma non misurabili da un punto di vista scientifico, che saranno descritte in seguito. Esso è la cosiddetta “quintessenza” dei filosofi, il quinto elemento. Per gli alchimisti questo elemento è il costituente principale della pietra filosofale, quello che regola ogni processo per il suo ottenimento, perché è quello che vivifica il lapis, altrimenti composto solo da elementi fisici. Per questo motivo, al fine di produrre l’oro filosofale, è necessaria una adeguata e ben calibrata (in ogni fase!) cottura nell’atanor. Con la giusta cottura l’etere permea la materia, in perenne trasformazione nell’atanor, in maniera ottimale rendendola viva ed utile allo scopo. Fulcanelli stesso ci insegna che il fuoco di ruota (energia quale siamo abituati a concepirla) non è sufficiente per portare a termine l’Opera: serve il fuoco segreto. Senza andare ulteriormente fuori tema, accenno solo l’importanza, in questo contesto, del simbolo della rosa (azione costante del fuoco nell’atanor). L’essenzialità del processo di cottura nei procedimenti alchemici dà un’adeguata descrizione di quello che è l’etere. Potremmo quasi, banalizzando brutalmente, chiamarlo: mezzo di trasferimento per l’energia ed energia stessa. È necessario, a questo punto, identificare il fluido di cui parliamo dandogli una connotazione precisa e contestualizzandolo il quella che è la comunque più ampia mistica rosicruciana.
I Rosacroce dividevano l’Universo in quattro Regni fondamentali: il regno fisico, costituito dal corpo denso (mondo chimico) e dal corpo vitale (fluido eterico), il regno del desiderio, il regno del pensiero (diviso in mente – pensiero concreto – ed ego – pensiero astratto) ed il regno degli spiriti, caratteristico della volontà e dell’immaginazione che ha come corona il regno di dio. Ognuno di questi regni è diviso in sette regioni. Nel regno fisico le prime tre sono quelle relative alla fase solida, liquida e gassosa; le successive quattro sono quelle dell’etere chimico, dell’etere vitale, dell’etere luminoso e dell’etere riflettente. Queste sette regioni sono a densità decrescente, e solo le prime tre possono essere percepite o misurate dagli strumenti di misura messi a disposizione dalla scienza. Quello che appartiene al mondo eterico, al contrario, non può essere misurato in virtù della sua “densità” rarefatta. Uso, in questa tavola, il termine “densità” in maniera diversa dal significato scientifico che siamo abituati a dargli: con questo termine infatti non si descrive semplicemente il rapporto fra il peso di una sostanza ed il suo volume, ma il “contenuto” vitale di particelle utili al raggiungimento dello scopo del regno presso il quale queste particelle dimorano. La regione eterica non può essere percepita dai cinque sensi. Può però essere intuita, descritta ed elaborata con opportune tecniche di meditazione e conoscenze di carattere occultistico. I sette componenti del Regno Fisico esistono compenetrati l’uno con l’altro, in un tutt’uno che rende il mondo così come lo percepiamo con i nostri sensi. Per le tre regioni chimiche questo è abbastanza intuitivo da capire; basti pensare, ad esempio, all’anidride carbonica che compenetra l’acqua per dare l’acqua gassata o, più in generale, l’aria e l’acqua che compenetrano una spugna da bagno. Più difficile diventa il pensare a qualcosa di questo tipo per l’etere. Possiamo, in maniera molto grossolana, pensare al trasferimento o la “dissipazione” di energia. Studi approfonditi di termodinamica ci permettono di quantificare in maniera abbastanza precisa dal punto di vista matematico quelle che sono le variazioni energetiche fra le tre regioni del mondo fisico. Questo resta tuttavia un processo di pura astrazione, perché i calcoli matematici che stanno alla base della scienza termodinamica pretendono di descrivere leggi naturali senza che si abbia la percezione fisica del mezzo con il quale i processi descritti si realizzano. In due parole: non ci manca la capacità di pensiero per comprendere il fluido eterico, quello che manca è la capacità fisica di isolarlo. Entriamo ora più nello specifico, caratterizzando ognuno degli eteri sopra citati.
L’etere chimico, o planetario, è il più grossolano ed è caratteristico del regno minerale. Questo fluido, che permea l’universo nella sua totalità, ha polarità positiva e negativa e presiede, rispettivamente, alle funzioni involontarie di assimilazione e di escrezione. Il suo compito principale è quindi quello di controllare lo sviluppo e la conservazione di ogni forma presente in natura. Esempi molto semplici ed intuitivi del lavoro eseguito da questo tipo di etere sono, ad esempio, lo sviluppo del corpo umano, l’accrescimento di un dendrite di minerale (o, più semplice, del cristallo di ghiaccio da un contenitore di acqua sottoraffreddato) e la caduta delle foglie da una pianta.
L’etere vitale, proprio degli esseri viventi (i minerali ne sono quindi esclusi), è l’entità che presiede alla salvaguardia della vita. Vita intesa non solo come singolo essere, ma come specie. Questo etere è il responsabile dell’attitudine di una specie a riprodursi e a perpetuare le sue caratteristiche. Anche in questo caso si ha la divisione in polarità positiva (principio femminile) e polarità negativa (principio maschile). La differenza fondamentale dell’etere vitale rispetto all’etere planetario è che mentre il secondo compenetra ogni cosa il primo è separato dal suo oggetto di influenza.
Questo concetto è da ritenersi come fondamentale. La separazione dell’etere vitale dal suo corpo è l’origine del fenomeno fondamentale che coinvolge tutti gli esseri viventi: la morte. Abbiamo visto all’inizio come il fluido eterico possa considerarsi energia e mezzo di trasmissione di energia: la separazione fra corpo chimico e relativo fluido eterico rende il primo dipendente dai collegamenti che questo può stabilire con il secondo. Molto spesso infatti le malattie del corpo sono risolte dopo un riequilibrio di forze fra l’organismo ed il suo corpo eterico. I corpi sottili che collegano le due entità, però, non durano in eterno e alla fine, quando i corpi sottili si sono completamente calcificati, i due organismi smettono di vibrare all’unisono. L’etere vitale si stacca e prosegue la sua vita lasciando alla sua sorte il corpo fisico che diviene, a partire da quel momento, un “minerale”. Esso torna quindi alla natura sotto forma di inerte composto chimico (non si può infatti più parlare di entità biologica: βίος= vita) utile per il nutrimento di altri esseri vivi.
Certo non basta l’etere vitale per dare la vita come noi la conosciamo. Se vogliamo, possiamo ridurre le sue peculiarità solo in attitudine alla riproduzione. Si può parlare di forme più complesse di vita quando l’involucro chimico è permeato, oltre che dall’etere planetario e da quello vitale, anche dall’etere luminoso. Questo etere presiede alla produzione (positivo) e alla dissipazione (negativo) di energia. La sua percezione è, a mio avviso, quella più intuibile da parte di chi, pur non avendo compiuto studi di carattere occultistico, ha una base elementare di biologia. Mi spiego subito con un esempio.
Il cosiddetto “ciclo di Krebs” (mi si scusi l’esempio, banale per quanti hanno compiuto studi di biochimica, ma è mi è necessario per spiegare in maniera semplice e completa il concetto) è un ciclo metabolico fondamentale per gli esseri viventi. Esso avviene nei mitocondri e consente la produzione di energia dalla demolizione di proteine, amminoacidi e carboidrati. L’assimilazione di glucosio da parte della cellula genera, come prodotto finale, una quantità molto alta di adenosina trifosfato che, tradotto dai termini biologici, significa: energia! È necessario comprendere bene la portata di questo concetto per spiegare in maniera utile il significato più intimo di etere luminoso. Esistono reazioni chimiche (coinvolgenti quindi solo il regno minerale) cosiddette “esotermiche” che possono produrre energia. Esempi eclatanti sono le reazioni di combustione o quelle esplosive (ad esempio la combustione dei vapori di benzina, nella camera di scoppio del motore, che creano l’energia necessaria a mettere e a mantenere in moto gli organi di trasmissione di un’auto e a fare sì che questa si muova). Ma questa reazione non si autosostiene e non si autocontrolla come la reazione biologica sopra descritta. C’è qualcosa di “intelligente” in questa energia biologica: c’è l’etere luminoso. Questo etere è quindi proprio di tutti gli esseri viventi che non solo si riproducono, ma si muovono e vivono la loro vita in continua comunicazione con il mondo circostante.
I tre eteri di cui si è parlato finora descrivono la natura dal regno minerale fino al regno animale. Manca però l’ultimo anello, il più singolare, del mondo animale: l’uomo. È chiaro che sia l’etere planetario, sia l’etere vitale e sia l’etere luminoso lo compenetrano, perché l’uomo ha tutte le caratteristiche fisiche, chimiche e biologiche degli altri esseri appartenenti alla natura. L’essere umano è però dotato anche di discrezionalità. Mentre l’etere luminoso può guidare un essere vivente solo a compiere azioni regolate dall’istinto (l’autoconservazione è infatti peculiarità dell’etere vitale), deve esistere un altro fluido che permetta all’essere umano di compiere azioni anche illogiche e contro natura, ma giustificate da quella che è la sua memoria.
Entra in gioco quindi l’etere riflettente, ed è la grande peculiarità dell’uomo. Non è del tutto corretto indicare l’etere riflettente come appartenente alla regione eterica. Esso infatti, come ricorda anche il nome, riflette nell’organismo umano un qualcosa che si collega a regni molto superiori: è la scintilla divina. Il mito del titano Prometeo descrive compiutamente, anche se in maniera velata, l’etere riflettente. Prima di donare il fuoco divino agli uomini, Prometeo rubò dallo scrigno di Atena, per il genere umano, l’intelligenza e la memoria: i due attributi dell’etere riflettente. Con questi due doni il genere umano si è elevato dal resto del mondo animale. Non sono necessarie ulteriori spiegazioni per caratterizzare questo fluido. Basti pensare che tutto ciò che ci circonda, costruito con sapienza da artigiani, artisti o anche semplici operai è frutto di questo afflato divino. Ne vediamo le bellezze in ogni momento.
Quanto scritto sopra si riferisce al regno fisico. Ora ci sembra quindi chiaro come parlare di semplice materialità delle cose sia in realtà banalmente fuorviante e non degno di un iniziato. Sarebbe parimenti errato pensare che il mondo fisico sia completo ed autonomo solo considerando la regione chimica e quella eterica. Ci appare del tutto evidente l’inadeguatezza, dal punto di vista della vera conoscenza, di quelle persone, anche scienziati, che non riescono ad astrarre mondi diversi e più complessi di quelli che riescono a descrivere con la semplice osservazione scientifica. Eppure quante volte ci arrivano vicino… La scienza termodinamica è sicuramente uno strumento molto potente per descrivere la regione eterica; tanto potente quanto incompreso. I concetti di entalpia e di entropia, se fossero messi nelle mani di un filosofo greco e di un matematico pitagorico, potrebbero essere metodi scientifici adeguati per lo studio dell’etere luminoso e di quello planetario. Purtroppo però l’uomo non riesce a staccarsi dalla materialità e si limita a descrivere, con la sua pur altissima capacità di astrazione e di pensiero analitico, solo quello che vede o che si aspetta di vedere.
È il segno evidente di come il mondo del desiderio sia ancora poco noto. Paradossalmente l’uomo sta arrivando a sviscerare i concetti più arcani del mondo del pensiero concreto. Le forme matematiche, fisiche ed artistiche dell’ultimo secolo appena trascorso lanciano dardi che giungono a penetrare in profondità il mondo del pensiero astratto. Il mondo degli spiriti e quello di dio sembrano mete raggiungibili dall’ambizione umana. Ma cosa potrà fare questo essere che non desidera? Dove potrà arrivare, se non completa la sua conoscenza con la parte intangibile e mistica del sapere?
L’uomo semplice non arriverà mai alle vette più elevate, per quanto profonda possa essere la sua conoscenza (che si limiterà comunque solo alla regione chimica del mondo fisico). Perché per giungere alla vetta è necessario saper riconoscere e comandare forze che non si possono vedere. È necessario saper sognare e desiderare. È necessario saper pensare oltre quello che si può intuire. È necessario saper credere gratuitamente. Ed è necessario saper elaborare ogni esperienza ed ogni pensiero nel silenzio più profondo del proprio cuore. Lo stesso silenzio con il quale l’alchimista, durante tutta la cottura della materia informe con il fuoco di ruota, insuffla l’energia vitale del fuoco segreto per portare a termine l’opera e creare il lapis philosophorum.

Volere, potere, osare, tacere!

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