Antico e Primitivo Rito di Memphis e Misraïm
       Sovrano Santuario Italiano



N. VIII Agosto 2009
Menorah
(A. Urzì Brancati)

 

(A. Urzì Brancati)Menorah

 

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MENORAH

Desidero semplicemente proporre alcune mie considerazioni ed osservazioni su questo suggestivo e particolarmente complicato simbolo.
Sebbene vi siano stati innumerevoli tentativi di interpretare il simbolo "Menorah" esaminandolo dalle più svariate angolazioni e servendosi delle più disparate culture e scuole esoteriche ritengo che per avere una conoscenza quanto più vicina alla realtà del simbolo così come ci è stato tramandato da chi lo lasciato sul nostro cammino iniziatico occorre rifarsi alla Cabala.
Cos'è, intanto, la Qabbalah. A mio avviso essa è nient'altro che un mezzo fisico camuffato da metafisico, atto a portare un corpo fisico in uno stato che potrebbe essere definito metafisico e che agisce con forze non quantificabili fisicamente sul mondo fisico. Occupandosi di questa pseudo scienza dove si mescolano razionalità e irrazionalità, matematica e metafisica, geometria e pura ginecologia, si giunge abbastanza rapidamente e senza soluzioni di continuità, senza traumi, ad intravedere il significato di tre termini che hanno sempre inquietato il quarto termine dell'equazione, cioè l'uomo. E l'uomo può comprendere ed accettare i termini di vita, morte e Dio. Può persino giungere a concepire la seguente equazione: vita = morte e Uomo = Dio.
Il termine Qabbalah non indica un singolo libro, bensì un sistema di filosofia religiosa o più propriamente di teosofia, che ebbe la sua applicazione su un ampio corpus di libri.
Qabbalah significa "ricevimento" vale a dire una dottrina ricevuta per tradizione orale. Spesso viene interpretata solo con tradizione il che è un errore in quanto esistono due concetti di tradizione: la tradizione che si riceve - Qabbalh e tradizione che si trasmetta - Masorah.
Vi sono due libri che sono il fondamento della Cabala e che assommano tutte le teorie cabalistiche: Sefer yesirah o Libro della Creazione e Sefer ha-Zohar o Libro dello splendore.
Tralasciamo adesso di interessarci della Cabala in quanto il discorso ci porterebbe molto lontano ed accontentiamoci di questi pochi, semplici accenni utili per capire un po’ meglio la Menorah.

Menorah
La Menorah, intanto, è una lampada ad olio e non un candelabro. Ciò si evince da Esodo 35, 28 e 37,23. In esodo 35, 28: …e l'olio di balsamo ed olio per illuminare ed olio per l'unzione…". Ed in esodo 37, 23:…fece le sue lampade e i suoi smoccolatoi e i suoi portafuoco d'oro…". Del resto mentre in tutta la Bibbia l'olio viene considerato come sostanza che può essere consacrata, si parla della cera non come di un materiale ma la si usa solo come termine di paragone o similitudine, per indicare qualcosa di facilmente distruttibile. Ad es. in salmi 68, 2  "….Come la cera si strugge a causa del fuoco…"; o Salmi 97, 5: " …i monti stessi si struggevano proprio come cera…".
A conferma che la menorah fosse una lampada e non un supporto da candele si può citare anche il passo di Esodo 27, 20. "…tu ordinerai ad Israele che ti procurino olio puro di olive schiacciate per il candelabro, per tenere accesa sempre una lampada….".

Vi è anche da aggiungere che il candelabro ed i suoi accessori furono fatti con un solo talento d'oro, vale a dire con un'unica misura d'oro e fu fatto tutto con il sistema della martellatura; cioè il metallo non fu modellato con il fuoco. Ciò perché il fuoco, che in genere viene considerato come elemento purificatore, è allo stesso tempo quello che permette la fusione degli idoli e quindi deve essere accuratamente evitato nella fabbricazione degli arredi sacri.
Sotto l'aspetto cabalistico la Menorah è anche il simbolo di tutto l'alfabeto ebraico, con tutte le sue implicazioni.
E' una lampada a sette bracci con 22 ingrossamenti (mandorle, boccioli, fiori od altro ancora) su cui stanno le 22 lettere dell'alfabeto, questi bracci terminano con le fiamme o le luci. Il Sefer Yesirah si chiude con questa frase: "… Egli legò 22 lettere alla sua lingua e mostrò il loro fondamento, Egli le disegnò con l'acqua, Egli le incendiò con il fuoco, Egli soffiò in esse il vento, Egli le bruciò in sette, Egli le riversò nelle 12 costellazioni…".
Essendo un simbolo dell'alfabeto Ebraico la Menorah è anche simbolo della sua trasposizione numerica. Seguendo appunto la trasposizione numerica dell'alfabeto ebraico avremo che i sette fuochi della lampada danno la sequenza:

240 * 150 * 60 * 1000 * 6 * 15 * 24

Se la sequenza dei valori delle luci si riduce alla prima decina la si può considerare identica.
A questo punto occorrerebbe illustrare un altro elemento della Qabbalah e cioè l'albero sefirotico. E' chiaro che non possiamo farlo in questo articolo. Vi dico solo che il 6 rappresenta la prima triade dell'albero sefirotico e cioè il regno dell'Emanazione, il 15 rappresenta la seconda triade e cioè il regno emanato o il regno della creazione; il 24 rappresenta la terza triade e cioè il regno della formazione. L'ultima emanazione è Malkuth o Regno il cui numero è 10.
Poiché nel mondo orientale per indicare una quantità più grande si dice 10 volte tanto, applicando quest'uso all'insieme dei bracci sinistri della menorah avremo 24 (dieci volte tanto), 15 (dieci volte tanto), 6 (dieci volte tanto). Cioè nella parte sinistra della Menorah avremo i molteplici regni dell'Emanazione, i molteplici regni della Creazione ed i molteplici regni della Formazione.
Lo spegnimento della Menorah avviene spegnendo prima le luci dell'estrema sinistra e dell'estrema destra, cioè si spengono i mondi ed il mondo della Formazione, in seguito i mondi ed il mondo della Creazione (la seconda da sinistra e la seconda da destra) ed infine i mondi ed il mondo dell'Emanazione e cioè il terzo da sinistra ed il terzo da destra. Non si spegne la luce centrale vale a dire Malkuth o Regno al cubo.
L'accensione della Menorah avviene accendendo prima la triade dell'Emanazione, quindi quella della Creazione ed infine quella della Formazione e pertanto prima il primo da destra e da sinistra, in seguito il secondo da destra e da sinistra ed infine il terzo da destra e da sinistra.
Avrete notato che ho per prima descritto il modo di spegnere la Menorah e poi il modo di riaccenderla: Ciò perché nei riti ebraici si entra nel Tempio con la Menorah accesa, la si spegne prima dell'inizio dei lavori e si lavora alla luce della sola lampada centrale e poi la si riaccende alla fine dei lavori.
La luce centrale, che è quella che illumina i lavori sempre secondo la Cabala ed i Sefirot rappresenta l'altezza inscrutabile cioè Amore, Intelligenza e Saggezza che giungono ad Altezza inscrutabile.
Senza avere la pretesa di avere esaurito lo studio della Menorah alla luce della Cabala, prima di abbandonare il punto di vista cabalistico desidero accennare ad un altro elemento delle luci della Menorah: Il colore.
Abbiamo visto che la Menorah è il simbolo di tutta la Creazione; analogamente è la luce per eccellenza, cioè un riflesso del primo atto creativo dell'Innominabile. Se la luce naturale, sotto determinate condizioni, si frange in sette colori, questi debbono necessariamente trovare una corrispondenza in ciò che illumina il Tempio. Seguendo la legge fisica della rifrazione avremo  le seguenti corrispondenze: primo braccio sinistro, rosso; secondo braccio sinistro, arancione; terzo braccio sinistro, giallo; braccio centrale, verde; terzo braccio destro, azzurro; secondo braccio destro, indaco; primo braccio destro, violetto. Accoppiando i numeri ai colori avremo: rosso. 240; arancione, 150; giallo, 60; verde, 1000; azzurro, 6; indaco, 15; violetto, 24. Abbiamo visto che il braccio sinistro della Menorah corrisponde al braccio destro moltiplicato per dieci. Il significato corrente che la Cabala dà a questi mondi multipli è quello di Qelipot o "gusci vuoti". Vale a dire molteplicità negative dal lato destro o lato puro. Quindi il lato sinistro con i suoi mondi è il lato impuro. Trasferendo i vari significati sinora esposti allo specchio cromatico, avremo: rosso, mondo della formazione impura; arancione, mondo della Creazione impura; giallo, mondo dell'Emanazione impura; verde, iod al cubo; azzurro, mondo dell'Emanazione; indaco, Mondo della Creazione; violetto, Mondo della Formazione. La base su cui si è formata la teoria cabalistica dei colori la si trova nell'Antico Testamento: Genesi 9, 13 "… il mio arcobaleno nelle nuvole sarà il segno del patto fra Me e la terra…". Dove troviamo, però, un significato più evidente dei colori è nella descrizione dei sacrifici a Colui che è.
Il sacrificio cruento veniva compiuto scannando l'animale, raccogliendo il sangue e "…devi prendere il sangue del toro e porlo con il tuo dito sui corni dell'Altare e tutto il resto lo verserai sulla base dell'altare…" (Esodo 29, 2). Il coloro rosso impuro della formazione viene posto sull'altare "…altare di rame lungo 20 cubiti…"(Cronache 4,1). Su questi due colori impuri, rosso ed arancione, il terzo, cioè il giallo, quello del fuoco, purifica il tutto inviando: "…un odore grato e riposante per l'Eterno…" (Levitico 1,9). I colori destri o puri si ritrovano nelle vesti, quindi sugli attori del sacrificio: "…filo turchino e lana tinta d'indaco e fibre di colore violaceo…" (Esodo 6,8). Abbiamo tutto lo sprettro dei colori eccezion fatta per il verde che si trova solamente nell'Apocalisse: "…e intorno al Trono vi è un arcobaleno dall'aspetto simile allo smeraldo…" (Apocalisse 4,3). Il colore dello smeraldo è quindi il colore che alona il Trono della Gloria del Supremo.

 

In una Loggia Massonica sono contenuti tutti gli elementi per poter raggiungere quella conoscenza, quel sapere, che, a mio avviso, è il motivo per cui la maggior parte di noi bussa alla porta del Tempio.
Questi elementi sono i simboli ed i rituali. Ognuno dei simboli che si offre alla nostra attenzione, ogni passo dei rituali che di volta in volta andiamo leggendo e che dovremmo conoscere a memoria, non sono altro che le istruzioni per poter compiere quelle operazioni che, se condotte nel modo appropriato e con costanza,portano alla conoscenza.
Sono costretto ad adoperare molte espressioni di dubbio in quanto so bene che tante condizioni debbono concorrere, e talune veramente difficili da osservare, per poter portare a termine il progetto al quale il Massone deve lavorare.
Non ci scoraggiamo. Qualunque percorso si inizia con un primo passo.
Mettiamoci al lavoro.
La massoneria speculativa è connessa intimamente con la geometria e, in segno di rispetto ai nostri antenati operativi e come conseguenza necessaria della nostra intima connessione a loro, la massoneria speculativa deriva i propri simboli più importanti da questa scienza madre.
Così come il tempio terrestre fu costruito con la corretta applicazione del filo a piombo, della livella e della squadra, per mezzo della quale le linee e gli angoli vennero propriamente misurati, noi siamo usi, nell’edificazione del grande edificio morale delle nostre menti, applicare simbolicamente gli stessi strumenti.
Il Primo Sorvegliante è assiso su una cattedra quadrangolare alla quale si accede salendo due scalini; si noti che al trono del Maestro Venerabile si accede salendo tre scalini ed a quello del secondo sorvegliante un solo scalino; la simbologia di ciò non è affatto di carattere gerarchico. Essa è legata al significato dei numeri. Uno, due e tre, il primo maschile, il secondo femminile, il terzo la risultanza dell'incontro. Il due è anche l'alternanza del bianco e del nero, il due è anche simbolo di divisione: “tanto quelli dell'una, quanto quelli dell'altra colonna, manifestamente l'attestano”.
Sulla cattedra è posta una colonna ionica che il Primo sorvegliante alza all'apertura dei lavori ed abbassa alla chiusura degli stessi; completa l'arredo della cattedra, oltre il maglietto che viene utilizzato per richiamare l'attenzione del MV, la statua di Venere, simbolo della bellezza e dell'armonia. Utilizza come strumento per il controllo della corretta edificazione del Tempio, la livella, tant'è che il suo gioiello è proprio tale strumento.
Nella cerimonia di iniziazione il Primo Sorvegliante purifica il candidato mediante l'aria. Come dice il rituale il suo compito, sedendo ad occidente, è quello di osservare il corso del sole e chiudere il Tempio dopo aver osservato che ogni operaio abbia avuto ciò che gli è dovuto.
Una prima interpretazione dei simboli fin qui elencati, l'interpretazione letterale, ci dice che il Primo Sorvegliante deve accertare che quanto edificato, controllato con la  livella, è perfettamente parallelo al piano di appoggio e che, con lo stesso piano, forma un angolo retto. In sostanza controlla che la pietra, già levigata, posta in opera per la costruzione della parete del Tempio, risponda ai requisiti di equilibrio necessario perché tale parete, qualsiasi altezza raggiunga, rimanga sempre in piedi, ed offra la maggior resistenza possibile alle aggressioni da parte degli elementi naturali. Ci dice anche che il Primo Sorvegliante custodisce la Loggia durante i lavori (la colonna alzata al momento dell'apertura dei lavori); il secondo sorvegliante, invece, la custodisce nel momento in cui è in ricreazione ed è il custode della Loggia solo durante la cerimonia di iniziazione.
Deve poi provvedere alla giusta remunerazione degli operai. Questa funzione è magnificamente illustrata nella cappella del Principe di Sansevero, a Napoli. Una delle statue della cappella, chiamata la liberalità, rappresenta il Primo Sorvegliante. E' raffigurata una donna che sostiene con la mano sinistra una cornucopia mentre nella destra tiene delle monete ed un compasso. La cornucopia che rappresenta l'abbondanza, la ricchezza,  ha, comunque delle precise notazioni alchemiche.  Deriva la sua simbologia, dal mito del piccolo Giove nutrito dalla capra. Giocando con la stessa, ad un certo punto, le rompe un corno e lo da in dono ad Amantea, la sua nutrice, promettendole che il dono le avrebbe dato i frutti desiderati.
Tornando alla statua, direi che monete e compasso da un lato, e cornucopia dall'altro indichino misura e abbondanza, insomma anche la retribuzione alla quale è preposto il Primo Sorvegliante.
Se dal significato letterale passiamo ad esaminare il significato morale di quanto attribuito al Primo Sorvegliante non vi è dubbio che egli è il simbolo del perfetto equilibrio, dell'armonia, della bellezza. Non a caso la statua posta al suo fianco è quella di Venere e, al momento dell'accensione delle tre luci, auspica che la bellezza irradi e compia il lavoro del Massone.
Per la verità una certa corrente di pensiero, ritiene più giusto attribuire al Primo Sorvegliante la statua di Ercole e quindi la forza che rende saldo il lavoro.
Questo ‘dilemma’, comunque, è molto recente. Per due ragioni. La prima è che nella massoneria delle origini saggezza, forza e bellezza sono i pilastri della loggia, e non principi invocati dalle tre luci. La seconda è che il rovesciamento di forza e bellezza è avvenuto nei rituali GOI del 1969.
Nella massoneria delle origini non v'è alcuna chiara correlazione tra i tre pilastri e i tre dignitari di loggia. Nel Prichard (Masonry dissected, 1730) si legge nella tegolatura d'apprendista:
Cosa sostiene una loggia? —Tre grandi pilastri
Come sono chiamati? —Sapienza, forza e bellezza
Perché? —Sapienza per inventare, forza per sostenere, bellezza per adornare
Solo nel 1760, in una pubblicazione che divulga i rituali degli Ancients, Three distints Knocks, i sorveglianti sono correlati ai pilastri, e precisamente:
Chi rappresenta la colonna Saggezza? —Il Maestro a Oriente
Chi rappresenta la colonna Forza? —Il primo Sorvegliante a Occidente
Chi rappresenta la colonna Bellezza? Il secondo Sorvegliante a Sud
I primi rituali attingono abbondantemente ai rituali ancient, e nella Guide du Maçon Ecossaise, dei primi d'Ottocento, il passo risulta identico:
Qui soutient votre loge? —Trois grands piliers
Quels sont leurs noms? —Sagesse, force et beauté
Que représente le pilier de la sagesse? —Le maître à l’est
Que représente le pilier de la force? —Le premier surveillant à l’ouest
Que représente celui de la beauté? —Le deuxième surveillant au sud
Quindi il primo sorvegliante è sempre stato correlato al pilastro della forza nelle ritualità di tipo Ancient o scozzese e persino in quelle Modern e ‘francese’. Sino al 1969, quando qualche ‘esoterista’ che strologava sul significato della livella, simbolo del primo sorvegliante, potè mettere le mani sui rituali del Grande Oriente.
Poiché la livella verifica l'orizzontalità —dev'essere stato grosso modo il suo ragionamento—, e l'orizzontalità è passiva, il primo sorvegliante non va correlato alla forza ch'è attiva, bensì alla bellezza. E così fu rovesciato e deformato un rituale tramandato per più di due secoli anche nel solco scozzese, fonte dei rituali del GOI.
Una piccola curiosità frutto della scienza di "fini ricercatori esoterici". In relazione alle fatiche di Ercole il Primo Sorvegliante è legato alla quinta fatica: l'uccisione del leone di Nemea. In Nemea un leone devastava le terre abitate, azzannava bambini, uomini e donne. Il suo ruggito risuonava nella vallata ed il terrore delle persone era tale che esse avevano cessato di lavorare, di seminare, di coltivare la terra. Vivevano chiusi nelle proprie dimore. L'Istruttore ordinò ad Ercole di uccidere il terribile animale per far cessare l'incubo. Dopo aver mancato il bersaglio con l'arco (2° sorv.) Ercole portò a termine la sua missione dimostrando una forza eccezionale. In una furiosa lotta corpo a corpo afferrò il leone, gli si avvicinò fino a sentire il suo fiato bruciargli il volto, gli strinse la gola e lo soffocò.
Questa tradizione, di natura alchemica conferisce, dunque, al primo sorvegliante, gli attributi della forza.
Qualche parola, infine, sulla livella senza pretendere, con ciò, di aver esaurito il discorso sul primo sorvegliante.
E' un simbolo di uguaglianza. Al paragone di Dio, che solamente è grande, tutti gli uomini sono eguali, soggetti alle stesse malattie, che inseguono gli stessi obbiettivi e che si preparano ad esser giudicati dalla stessa legge immutabile. Solo in questo senso i massoni parlano dell’uguaglianza che dovrebbe regnare nella loro loggia; ma, come “pacifici soggetti dei poteri civili” essi negano l’esistenza di quell’uguaglianza rivoluzionaria che, livellando ogni distinzione di rango, porterebbe solo confusione, insubordinazione e anarchia.
La livella è uno degli attrezzi da lavoro di un Apprendista di Mestiere; essa gli ricorda, a causa del suo uso particolare, di quel vasto livello temporale nel quale tutti gli uomini viaggiano, fino ai suoi eterni limiti. La livella come segno distintivo dell'ufficio del Primo Sorvegliante, gli rammenta che mentre presiede sui lavori della loggia così come il Secondo Sorvegliante presiede sul riposo, è suo dovere accertarsi che ogni fratello si incontri sulla livella, e che il principio dell’uguaglianza venga preservato durante i lavori. Principio senza il quale l’armonia, supporto basilare della nostra istituzione, non potrebbe esser preservata.
Il massone operativo accomoda ogni pietra e parte dell’edificio, per mezzo della squadra, della livella e del filo a piombo; lo speculativo esamina ogni azione della propria vita per mezzo della squadra della moralità, senza permettere che presunzione o vanagloria possano consentirgli di trascendere la livella del destino che gli è stato riservato, e nessuna propensione malevola possa distoglierlo dal filo a piombo della propria rettitudine.
A questo punto desidero forniree alcuni spunti di lavoro.
Il primo sorvegliante, abbiamo detto, sorveglia i lavori, è il guardiano della Loggia durante i lavori. E' il guardiano della soglia. Vi dice niente questa espressione?
Nella Loggia il M:.V:., il Primo ed il secondo Sorvegliante formano un triangolo con il vertice ad oriente; l'Oratore, il segretario ed il copritore interno formano un altro triangolo con il vertice ad occidente. Entrambi i triangoli si intrecciano ed insieme formano l'esagramma o stella o sigillo di Salomone. Il triangolo con il vertice volto ad oriente rappresenta la via da intraprendere verso la conoscenza, la rinascita ed ha una valenza attiva, positiva, ascendente; il secondo triangolo, con il vertice posto ad occidente, ha una valenza negativa, discendente, tendente al terreno, indica la morte, l'oblio. I due triangoli si intersecano nel formare l'esagramma, unione intima dei due contrari, l'attivo e il passivo, il maschile ed il femminile, lo Yang e la Yin che si uniscono nella formazione dell'unità, concetto mirabilmente espresso nell'androgino, nell'uomo primordiale, nell'Adam Kadmon, l'archetipo divino di uomo e donna; in esso infatti coesistono in perfetta armonia e equilibrio le forze maschili e femminili. In Massoneria l'esagramma contiene nel suo interno le Tre Colonne del Tempio, la colonna al centro, che origina dall'unione dei vertici del triangolo superiore e di quello inferiore, simboleggia il Maestro Venerabile, le due colonne laterali, originate dell'unione degli altri angoli dei triangoli, simboleggiano i due Sorveglianti; infine la colonna invisibile il cui significato è celato ai più.
A questo punto, dopo avervi fornito tanti spunti di riflessione, ho il dovere anche di dirvi a cosa serve tutto ciò.
Certo, studiare i simboli, studiare la massoneria, l'alchimia, la magia, ricercarne le origini e rintracciare i primi cultori dell'arte, è bello, è gratificante. Lo studioso, il ricercatore, lo scienziato, alla fine di un lavoro in cui riesce a dimostrare che il triangolo con il vertice in alto porta verso Dio e che tale simbolo è stato patrimonio, prime di divenirlo della massoneria, anche degli Esseni, degli Egizi e di chissà quanti altre sette o popoli, prova tanta soddisfazione specie se chi ascolta lo gratifica con i soliti bene, bravo continua così. Ma, sul piano pratico, ci insegnano qualcosa?
A mio avviso sì. Anzi ci forniscono la chiave dell'immortalità. Per questo dobbiamo comprenderli; per questo dobbiamo sapere ciò che vogliono dirci. I rituali massonici, nei vari gradi, sono dei percorsi operativi meravigliosi. Se letti con attenzione ci impartiscono le istruzione del vivere quotidiano e per sviluppare ciò che l'egoismo, la pigrizia, la paura ed altri vari condizionamenti, ci impediscono persino di considerare esistenti.
I Massoni, a differenza di coloro che si affidano alle religioni rivelate, sanno che la conoscenza, non la sapienza, bisogna conquistarla con lavoro assiduo. Ma il lavoro che occorre fare è lungo, faticoso, seccante. Non sono ammesse scorciatoie. E vi spiego il perché. Ciò che, alla fine di questo lavoro, il Massone conoscerà è di tale entità, di tale intensità che una mente normale non potrebbe sopportarlo. Immaginate che oggi, in questo momento, qualcuno sia in grado di mettervi immediatamente e senza alcuno sforzo da parte vostra, in contatto con ciò che vi aspetta dopo la morte. Quanti di voi dopo ciò sarebbero in condizioni di tornare alle normali occupazioni. Io credo nessuno. La nostra mente non sarebbe in grado di gestire tanta conoscenza improvvisa.
Se però, la conoscenza di ciò che vi aspetta dopo la morte è il risultato di costanti aperture del velo dapprincipio piccole e poi sempre più grandi, sempre più grandi, quando arriverete alla fine ciò che vedrete sarà quasi scontato. L'ultima visione vi mostrerà solo qualche piccola cosa in più di quella precedente la quale, a sua volta, avrà mostrato qualche piccola cosa in più di quella ancora prima e così via.
Non solo è impossibile conoscere tutto improvvisamente ma è anche pericoloso. Armatevi di pazienza, anzi armiamoci di pazienza ed iniziamo. Dove arriveremo non lo so. Qualsiasi passo avanti, però, sarà sempre positivo se non è un tentavivo di percorrere scorciatoie.
Chi conosce  la cerimonia di iniziazione al grado di Maestro sa perfettamente che la parola di passo non può essere conosciuta con la forza e con l'inganno.
Non sto svelando niente di particolare.
Non sto dicendo nulla che non possa essere detto anche a profani. A maggior ragione ad iniziati.
Quando alcuni Massoni chiedono di elevare la camera nel grado di Maestro perché occorre discutere alcuni argomenti, rimango molto perplesso. Io ritengo che non si debba nascondere all'apprendista o al compagno la lite fra due fratelli o il comportamento non condiviso di un membro di giunta o dello stesso Gran Maestro. Tutto ciò il compagno, l'apprendista possono sopportarlo, possono capirlo e la loro reazione, a volte, potrebbe essere anche più assennata di quella di tanti Maestri.
Ciò che, a mio avviso, non può esser detto all'apprendista o al compagno, si trova in quello che vi ho detto poco fa. Se qualcuno rivelasse, una formula, una invocazione, il tracciamento di un segno o di una cifra, ammesso che ne esistano, capace di mettere ciascuno di noi in contatto con entità non presenti nel nostro stato di esistenza, quello sì che, per i motivi che vi ho esposto prima, arrecherebbe un grave danno a coloro che non ancora pronti.
Prevengo immediatamente la sicura obiezione che può passare per la mente di qualchuno, che non esistono formule, tracciamenti, cifre che possano metterci in contatto con entità diverse da quelle conosciute o, almeno, non esistono in Massoneria. Questi sono argomenti che interessano quelli che si occupano di altri percorsi esoterici.
A questa osservazione io rispondo. Avete mai visto, per visto intendo studiato attentamente, un quadro di Loggia?  Sapete come, in origine, doveva essere posto il quadro di Loggià? doveva essere tracciato per terra. I segni che venivano tracciati avevano forza evocatoria. Oggi si prende il quadro che si tiene appoggiato sullo scranno che ospita i fratelli all'Oriente lo si mette fra le tre luci e ci sembra di aver fatto solo un gesto rituale del quale non si comprende il significato. No cari amici, quando il Maestro delle Cerimonie prende il quadro di Loggia e lo appone in mezzo al Tempio, in sostanza traccia i segni e le cifre magiche capaci di evocare entità. Sulla forza dell'evocazione si può discutere specie se i lavori non vengono condotti con consapevolezza e con lo spirito e la convinzione di ciò che devono produrre.
Avete mai letto attentamente un rituale? esso non è altro che un insieme di formule invocatorie ed evocatorie; di movimenti corali simultanei e ritmici che hanno lo scopo di creare l'energia necessaria per formare l'eggregore.
La catena d'unione, poi, aumenta in proporzione geometrica la potenzialità eggregorica dei partecipanti. Il contatto fisico produce energia. Il capo catena (M:.V:.), dopo aver constatato che l'energia è prodotta e circola, attraverso la comunicazione all'orecchio della parola, la invia scuotendo tre volte le braccia.
Il gabinetto di riflessione, i viaggi per l'iniziazione, i vari passaggi dei rituali, nei tre gradi, vi rivelano il lavoro che si deve svolgere per raggiungere gradualmente la conoscenza di cui vi ho parlato. Basta saperli interpretare. Il testamento, atto con il quale si indicano i propri doveri, non si deve esaurire il giorno dell'iniziazione; esso simboleggia il lavoro di meditazione che, quotidianamente, ciascuno di noi deve fare per diventare ricettivo ad altre esperienze. I viaggi, con le relative purificazioni, simboleggiano il lavoro di introspezione, di riflessione e di fissazione da compiere e non solo il giorno dell'iniziazione, ma ogni giorno, al fine di liberarsi da tutte quelle scorie che impediscono di essere ricettivi di altri messaggi.
                                                          

Symbolum
Johann Wolfgang Goethe
Traduzione di G. A. Malatino

Il cammino del Muratore somiglia alla vita, e la sua Opera
Somiglia all’agire dell’Uomo sulla terra.
Il futuro nasconde allo sguardo, passo dopo passo, dolori e gioie;
Tuttavia senza sgomento ci affrettiamo avanti,
E via via più pesante grava un velo di reverente timore.
Silenziose riposano lassù le Stelle e quaggiù le tombe.
Medita su di esse giustamente e osserva, così si fondono nel seno
degli eroi mutevoli tremori e fermi sentimenti.
Ma chiamano di là le Voci dei Maestri,
Non trascurate di esercitare le Forze del Bene!
Qui si intrecciano corone in eterna quiete,
Che debbono con pienezza compensare le Opere!
Noi vi esortiamo, sperate!

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